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UN UOMO PERBENE

UOMO

Silvia Tortora (Roma 14 novembre 1962 – Roma 10 gennaio 2022 ) 

Gaia Tortora:

Eccoci qua sorellona, bisogna per salutarti, e ringraziare la valanga di affetto che ci accompagna, dire qualcosa affinché ci sia come sempre abbiamo fatto, chiarezza e trasparenza. Ho protetto in tutti i modi da un anno e due mesi la privacy di Silvia e quella di mia mamma perché noi cosi siamo: riservate. Silvia ha avuto un evento cerebrale un anno e due mesi fa. È stata poi per tanti mesi ricoverata presso l’ospedale di riabilitazione Santa Lucia. Approfitto ancora una volta per ringraziare i medici i terapisti gli infermieri di un reparto che ho frequentato come una casa per un anno. Li ho conosciuto storie, persone, sofferenza e dignità. Non dimenticherò mai la forza che ci siamo fatti a vicenda. Questa è l’unica verità. Sono stata con te anche domenica pomeriggio fino all’ora di cena. Ti sei addormentata e io penso che tu abbia deciso di lasciarci liberi e di liberare te stessa da una condizione che non avresti voluto vivere. Sono tornata a casa con una strana serenità perché ho capito solo dopo, che prendendomi cura di te domenica pomeriggio mi hai fatto ancora di più comprendere cosa volesse dire essere in quella situazione. Ce lo eravamo dette in tempi non sospetti. Non so come ringraziare tutti voi per i messaggi, piano piano cercherò di rispondere a tutti. Sono contenta di averti vissuto questo anno forse come non mai sorellona.

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“Per chi, come me, ha vissuto giorno per giorno “in diretta” la vicenda di Enzo Tortora attraverso i familiari e gli avvocati, questo film riapre un incubo. In meno di due ore riemergono in modo perfetto e agghiacciante tutti i personaggi che hanno animato per anni questa incredibile storia: camorristi, magistrati, carabinieri, cronisti. Ricordo che quando riuscii a incontrare in carcere Enzo, sei mesi dopo l’arresto, batteva ancora i pugni sul tavolo: perché non era soltanto innocente era “estraneo”. E’ come se improvvisamente qualcuno bussasse alla vostra porta di casa e dicesse: “Ho un mandato nei suoi confronti: vuole cortesemente seguirmi?”

Nel film si rivive questo interminabile calvario di “un uomo perbene” e si ha come l’impressione che tutto ricominci nuovamente da capo, che il caso non sia chiuso, ma si riapra, e che i fantasmi del passato riemergano, come in una allucinazione, con tutti i loro veleni e la loro forza distruttrice.

Un film da vedere, anche perchè mostra che chiunque di noi avrebbe potuto essere, in quelle circostanze, un  ignaro “estraneo” in libertà provvisoria.”

Piero Angela, 6 agosto 1999

“Michele Placido fa rivivere Enzo Tortora e l’errore giudiziario che condannò a oltre tre anni di tormenti il presentatore televisivo, prima che una sentenza della Corte di Cassazione ne confermasse nel l987 l’innocenza dalle accuse di narcotraffico e collusione con la camorra avanzate da alcuni magistrati napoletani. Il film ha valore di testimonianza, ha una forte utilità sociale. Anche se il caso Tortora rimane uno dei pochi casi giudiiari dall’esito positivo (errore giudiziario riconosciuto e corretto, vittima ripristinata in ogni dignità e innocenza): serve a illustrare e dimostrare quale aberrazione della giustizia, quale infamia possa diventare un certo uso dei criminali informatori di polizia e magistratura, di quei pentiti sulla cui parola ancora oggi si basano decine di processi.”

Lietta Tornabuoni -La Stampa

RICONOSCIMENTI

PREMIO PASINETTI MIGLIOR FILM  FESTIVAL DI VENEZIA 1999

PREMIO DAVID DI DONATELLO 2000 A LEO GULLOTTA COME MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA.

NASTRO D’ARGENTO 2000 COME MIGLIOR SOGGETTO (ASSEGNATO A SILVIA TORTORA).

IL FILM E’ STATO RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE NAZIONALE DALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO – DIPARTIMENTO DELLO SPETTACOLO.

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NOTA DI REGIA

Ricordo un incontro casuale una mattina di trent’anni fa, al bar Zucca di Via Orefici, a Milano. Enzo Tortora, un pacco di giornali sottobraccio, ordina cappuccino e briosche, io altrettanto. Le nostre mani si sfiorano attorno al cucchiaio della zuccheriera. Un sorriso gentile: “ Prego, prego…”  dice. Gli sguardi s’incrociano. L’uomo famoso, amato dal pubblico televisivo, e lo studente della Scuola di Cinema: lo stesso che circa vent’anni dopo realizzerà un film sulla sua nota, triste vicenda giudiziaria.

Mi piace pensare che quell’ incontro non sia stato poi così casuale. Tortora non poteva immaginare cosa sarebbe successo da lì a poco, eppure il destino aveva già ordito la sua trama alla quale io, come regista, mi sarei sottratto volentieri. Infatti, se non fosse successo nulla, quel film non l’avrei mai fatto e Tortora sarebbe probabilmente ancora tra noi a godersi, arzillo ottantenne, la vita, le sue figlie, i suoi nipoti. E invece Un uomo perbene esiste.

“Non ho né paura che il film sia una delusione né lo aspetto con entusiasmo: mi auguro che chi lo ha realizzato sia stato rispettoso di quello che e’ stato Tortora” ha dichiarato nel 1999 Enzo Biagi in occasione della presentazione del film al Festival di Venezia. Non ho mai avuto occasione di parlare con Enzo Biagi, ma spero che abbia visto Un uomo perbene perché è un film del quale vado ancora fiero. Come tutte le cose umane può essere imperfetto ma racconta con precisione e onestà quello Tortora ha vissuto e sofferto nelle aule dei tribunali, nelle procure, nelle caserme dei carabinieri, nelle carceri. A supporto e conforto di ciò il giudizio di un vero amico di Enzo Tortora, Piero Angela: ”Il film mi ha fatto rivivere il dramma di quei giorni che ho vissuto accanto ad Enzo. Non mi sembra che voglia attaccare i giudici, non e’ un film a tesi e scandalistico: documenta il suo dramma di uomo.”

Scrivere e poi dirigere Un uomo perbene non è stato facile. Ricordo lunghe notti di lavoro passate, con lo sceneggiatore Umberto Contarello, fra libri, atti processuali, documenti, registrazioni audio dei processi. Un giorno, in questo mare sterminato che formava la nostra piattaforma di studio, ecco spuntare la cassetta di una trasmissione fatta ad Antenna Tre Lombardia, in occasione del compleanno di Tortora allora detenuto nel carcere di Bergamo. Parlano i suoi amici più intimi fra i quali si riconoscono Pogliotti, Gigi Marsico e Piero Angela. Guardiamo le immagini, ascoltiamo i racconti: peccato che questa trasmissione non l’abbia vista chi – pensiamo – nell’Italia di allora, nutriva assolute certezze sulla colpevolezza di Enzo Tortora, peccato che non l’abbiano vista i giornalisti, i fotoreporter, i caporedattori che quotidianamente lo sbattevano in prima pagina, peccato infine che non l’abbiano vista gli inquirenti al lavoro alla Procura di Napoli. In quella cassetta, che ancora custodisco come una reliquia, gli amici, con le voci a volte rotte dall’emozione, raccontano di un Tortora sconosciuto, abitudinario, quasi pantofolaio, tutt’altro che inquieto, tutt’altro che quel famigerato Dottor Jeckyll e Mr. Hide presentato, manette ai polsi, ad ogni telegiornale di quella tremenda estate del 1983.

Racconto ad Umberto quel mio casuale incontro con Tortora e aggiungo “ …alla luce di quello che stiamo leggendo vorrei avere la macchina del tempo e tornare là, in quel bar di Milano, per dirgli – Signor Tortora… facciamo in modo di non fare questo film…- Lui, imperturbabile come sempre, sorseggiando il suo cappuccino e citando il Duca di Gloucester nell’Enrico VI,  avrebbe sicuramente risposto: “Prima di essere accusato devo essere in colpa, e se i miei nemici fossero venti volte più numerosi, e se ciascuno di essi avesse una potenza venti volte superiore, non potrebbero farmi nulla di male, finchè continuerò ad essere sincero, leale, innocente.”

Maurizio Zaccaro, agosto 1999

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Foto di  Egidio Poggi © 1999

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UN UOMO PERBENE – FILMTV 42/1999

Una storia italiana, che nasce da “un cumulo di menzogne prese in considerazione da un gruppo di giudici dilettanti”. È il “caso Tortora” una delle vergogne del nostro Dopoguerra. Non era facile ricostruirlo in un film: Zaccaro – in complicità con la figlia dello sfortunato presentatore, Silvia Tortora, e Umberto Contarello – ha scelto la strada della narrazione a puzzle, come a sottolineare il caotico delirio dell’incredibile disavventura in cui cade vittima “quello di Portobello”, ai tempi dell’arresto (’83) tra gli uomini più famosi e invidiati d’Italia. Avrebbe dovuto incontrare il Rod Steiger di “Crazy in Alabama”, che “era uno dei rari uomini che conosceva la differenza tra la giustizia e ciò che è giusto”, ma gli andò male. Michele Placido, pur somaticamente assai differente da Tortora, raggiunge una (vero)simiglianza stupefacente. Intensi anche Melato, Incerti, Mezzogiorno e un Giuliano Gemma mai così in parte da vent’anni in qua.

“Il film, asciutto, onesto, discreto anche se un po’ penalizzato da troppe ellissi (dell’impegno del presentatore a favore della “giustizia giusta” non vi è traccia) è un classico esempio di cinema civile che crede nella propria funzione morale dando spazio alle informazioni e alla polemica nei confronti di giudici incompetenti, che diedero credito alle dichiarazioni di criminali megalomani e psicopatici, pronti a fare qualsiasi nome pur di ottenre qualche beneficio in cambio”. (Alessandra De Luca, “Avvenire”, 1° ottobre 1999)

UN UOMO PERBENE

Valutazione Problematico, Raccomandabile, dibattiti*** Tematica Carcere, Giustizia, Libertà, Mass-media, Politica-Società, Potere Genere Drammatico Regia Maurizio Zaccaro Durata 120′ Anno di uscita 1999 Nazionalità Italia Distribuzione CDI – Buena Vista International Italia Soggetto e Sceneggiatura Umberto Contarello, Maurizio Zaccaro Silvia Tortora Musiche Pino Donaggio Montaggio Anna Napoli

Orig.: Italia (1999) – Sogg.: Silvia Tortora – Scenegg.: Umberto Contarello, Maurizio Zaccaro – Fotogr.(Scope/a colori): Pasquale Rachini – Mus.: Pino Donaggio – Montagg.: Anna Napoli – Dur.: 120′ – Produz.: Giovanni Di Clemente.

Soggetto

Il 17 giugno 1983, alle quattro del mattino, Enzo Tortora, noto presentatore di programmi televisivi di successo, viene arrestato all’Hotel Plaza di Roma: il pentito Giovanni Pandico ha fatto il suo nome come affiliato alla Nuova Camorra Organizzata e corriere della cocaina per conto di Raffaele Cutolo. La difesa viene assunta dagli avvocati Della Valla,Dall’Ora e Coppola. Nei mesi successivi Tortora sostiene confronti con gli altri pentiti Melluso e Villa, che insistono nelle accuse. Il 17 agosto 1984 il tribunale di Napoli emette l’ordinanza di rinvio a giudizio per 640 imputati tra cui Tortora.Il 4 febbraio 1985 inizia il processo di primo grado che si chiude il 17 settembre successivo con la condanna di Tortora a dieci anni e sette mesi di reclusione. Il 20 maggio 1986 prende il via il processo di appello. Il 1 settembre l’avvocato Della Valle pronuncia l’arringa della difesa con un intervento di sette ore. Il 15 settembre, alle 11 di mattina, la corte pronuncia il verdetto: Enzo Tortora é assolto con formula piena, sentenza confermata dalla Cassazione il 17 giugno 1987.

Valutazione

Nella trama si elencano le date principali, utili per inquadrare un avvenimento che ha attraversato quasi tutti gli anni Ottanta italiani, allargandosi dal terreno giudiziario a quello politico e civile. Nei titoli di coda vengono citati quelli che, con compiti diversi, furono i protagonisti della vicenda e a fianco si ricorda la carica che oggi ricoprono: i fatti sono ancora troppo recenti perché se ne possa parlare in modo aperto e diretto. E tuttavia non é neppure giusto rimuovere, far finta di niente, dimenticare. Così ecco subito il primo, notevole merito del film di Zaccaro: riportare l’attenzione sull’episodio, raccontarlo senza pregiudiziali nè schematismi e offrirlo all’opinione pubblica come testimonianza viva, occasione di riflessione, pungolo a non tenere gli occhi chiusi. Costruito su una struttura ad incastro che alterna le varie fasi della vicenda in un crescendo drammatico e incalzante, il film ha un taglio incisivo e coraggioso: restituisce il senso dello smarrimento progressivo del protagonista e del clima di angoscia e paura che si viene a poco a poco instaurando, all’interno di un ‘sistema’ che si sente forte e intoccabile. Zaccaro ha il pregio di non dirigere un’opera di semplice denuncia sociale ma di andare più in profondità, laddove le azioni che ciascuno compie vengono a contatto con la propria coscienza, con l’essere uomini in mezzo agli altri. Film quindi di notevole valore che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come raccomandabile, sicuramente problematico e da proporre per dibattiti. UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, come prodotto italiano capace di affrontare in modo misurato e attento un argomento così delicato. E’ da recuperare largamente in occasioni mirate per parlare di argomenti che riguardano anche l’Italia di oggi.

My Movies – Lucini – 20 novembre 2011

«È un uomo perbene tuo papà. Un uomo perbene». Ha la forza di un mantra benefico la frase con quale Enzo Tortora si rivolge alla figlia Silvia in uno dei momenti emotivamente più forti del film. Quella stessa frase contiene la sintesi estrema del concetto che Maurizio Zaccaro affida alla narrazione cinematografica e cioè: se un uomo perbene, un innocente finisce tra le grinfie di un sistema giudiziario contorto, macchinoso e altamente imperfetto la sua difesa diventa complicatissima. Per aiutare lo spettatore a calarsi nella complessità della vicenda processuale sceglie una narrazione filmica spezzettata, in cui il tempo e lo spazio vengono destrutturati e poi ricomposti in un’articolazione degli eventi che non è cronologica ma emozionale. Il film non si muove seguendo la fredda sequenza dei fatti, ma le preoccupazioni e gli smarrimenti di Tortora, la memoria di chi gli sta vicino, il carnevale dei media e la febbrile azione dei suoi avvocati. Lo spettatore si trova così catapultato in una sorta di labirinto in cui la verità finisce per avere un peso uguale quando non inferiore alle le menzogne. Per non perdersi ha a disposizione soltanto un labile filo conduttore: il lavoro degli avvocati difensori. Proprio questa struttura narrativa a incastri mette in evidenza come Zaccaro si sia ispirato ai grandi maestri del cinema italiano d’impegno civile, Francesco Rosi su tutti. Quando il regista Maurizio Zaccaro e Umberto Contarello iniziano a lavorare alla sceneggiatura di Un uomo perbene sulla base di un soggetto scritto da Silvia Tortora, la prima delle figlie di Enzo, il presentatore è morto da un decennio. Il suo caso aveva scosso le coscienze degli italiani che avevano partecipato in massa al referendum per estendere la responsabilità civile dei magistrati. Presentato nella Sezione “Eventi speciali” della Mostra di Venezia del 1999, il film esce in un’Italia molto diversa nella quale la magistratura è tornata a godere di fiducia e grandi consensi sull’onda delle inchieste e degli scandali che hanno segnato il tramonto della classe dirigente della cosiddetta “Prima Repubblica”. Consapevoli dei rischi Zaccaro e Contarello si appoggiano ai documenti processuali per portare sullo schermo quell’insieme di errori, superficialità e pregiudizi che hanno caratterizzato la vicenda processuale di Enzo Tortora, evidenziando anche l’acquiescente subalternità dei media. Maurizio Zaccaro stesso spiega di aver voluto portare sullo schermo «…un momento di cecità e di smarrimento del potere giudiziario» per evitare il ripetersi di eventi simili. Nonostante tutto le polemiche non mancano. Il film regala a Leo Gullotta il David di Donatello come miglior attore non protagonista.

INTERPRETI E PERSONAGGI DI “UN UOMO PERBENE”
AttoreRuolo
Michele PlacidoEnzo Tortora
Stefano AccorsiAvv. Raffaele Della Valle
Mariangela MelatoAnna Tortora
Giovanna MezzogiornoSilvia Tortora
Leo GullottaGiovanni Pandico
Giuliano GemmaAvv. Alberto Dall’Ora
Pino AmmendolaAvv. Antonio Coppola
Franco CastellanoFelice Di Persia, magistrato
Costantino CarrozzaMercurio, maresciallo dei Carabinieri
Luigi DibertiDiego Marmo, Pubblico Ministero
Daniela GiordanoRosalba Castellini
Cinzia MonrealeNadia Marzano
Vincenzo PelusoGianni Melluso, detto il “Bello”
Mariano RigilloGiorgio Fontana, magistrato
Franco TrevisiGiuseppe Margutti, pittore
Augusto ZucchiLucio Di Pietro, magistrato
Franco DiogeneAvvocato della signora Marzano
Paola Ajmone RondoSignora Della Valle
Umberto BellissimoDomenico Barbara
Bruno BilottaSalvatore Sanfilippo
Aurora CancianMiranda
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ESEMPI DI DOCUMENTAZIONE
Enzo Tortora back home with his daughters Gaia and Silvia in Milan, Italy, 15 September 1986. ANSA/OLDPIX
Quaderno originale scritto in carcere

Enzo Biagi, la Repubblica, giovedì 4 agosto 1983

Signor Presidente della Repubblica, non le sottopongo il caso di un mio collega, ma quello di un cittadino. Non auspico un suo intervento, ma non saprei perdonarmi il silenzio. Vicende come quella che ha portato in carcere Enzo tortora possono accadere a chiunque. E questo mi fa paura.

 Lei è il massimo esponente dell’organo supremo dei Magistrati: e deve sapere. Ho un sincero e profondo rispetto per i giudici che, come i giornalisti, hanno pagato, e pagano, un duro conto con il crimine. Conoscevo Alessandrini, e voglio bene ai figli del dott. Galli. Credo nell’onestà e nel sacrificio di quelli che lottano, a Napoli e ovunque, contro la camorra e la mafia.

   Ma ci sono aspetti del “blitz” contro i cutoliani che lasciano perplessi: dalla data, una settimana o poco prima delle elezioni, agli sviluppi. Dalle conferenze-stampa trionfalistiche, alla caccia all’uomo con cineprese al seguito, dal segreto istruttorio largamente violato, al numero degli arrestati e dei dimessi.

   Su 350, se le cronache sono esatte, 200 sono tornati fuori: ma, hanno detto gli inquirenti, e mi scuso per l’odioso e usatissimo termine che suscita il ricordo di antiche procedure, molti rientreranno in cella. Come dire, che si può sbagliare fino a tre volte: arresto, scarcerazione, altra cattura. Ma qual è la buona?

   Tortora è denunciato da un tale Pandico, che fa il suo nome dopo tre interrogatori: guarda caso, un personaggio così popolare non gli viene in mente subito. Le conferme vengono da un certo Barra, conosciuto nell’ambiente come “’O animale”: è lui che parla dello “sgarro”, e che fa andar dentro il sindaco D’Antuono, rilasciato poi al trentanovesimo giorno di detenzione per mancanza di indizi. È sempre lui che riferisce della visita a Cutolo dei Gava e dei servizi segreti, per tirare fuori dagli impicci l’amico Cirillo, ma di questa impresa non si discute.

   Gli avvocati che difendono il presentatore non hanno potuto leggere neppure i verbali degli interrogatori del loro assistito; ci sono periodici che hanno pubblicato i testi delle deposizioni dei due camorristi accusati. Chi glieli ha dati?

Ogni mattina, la stampa ha ricevuto la sua dose di indiscrezioni: Tortora fu iniziato col taglio di una vena, Tortora ha spacciato droga per 80 milioni e non ha consegnato l’incasso, Tortora ha riciclato denaro sporco, Tortora era amico di Turatello: smentisce la madre del bandito, smentisce ed è a disposizione, il suo braccio destro. Nessun segno sui polsi. Ma ci sarebbe la conferma di una “contessa”, che non può testimoniare perché, guarda caso, è morta.

   C’è la prova che dovrebbe mettere in difficoltà Tortora: una lettera di Barbaro Domenico per dei centrini andati perduti alla Rai. Esiste un carteggio tenuto dall’ufficio legale della Tv di Stato, ma non significa nulla. Conta, invece, la parola di due assassini.

   Poi ci sarebbe l’altro seguace di Cutolo, che messo in libertà avrebbe dovuto fra fuori il compare Tortora che ha tradito, tanto è vero che ha scritto il nome dell’autore di “Portobello” nella sua agenda che è come se Oswald avesse segnato sul calendario: «Mercoledì: sparare a Kennedy».

  È pensabile che i misteriosi tipi che stanno sconvolgendo la nostra vita, per far fuori uno, o per far saltare un automobile, abbiano bisogno di aspettare che un detenuto torni in circolazione? Si ha l’impressione che, dopo aver messo le manette a Tortora, stiano cercando le ragioni del provvedimento.

  Ma ecco che arriva il colpo sensazionale: col caldo che imperversa, il dottor Di Persia corre a Milano, perché ha trovato finalmente chi può schiacciare quel finto galantuomo di Tortora.

  C’è uno che lo ha visto, nientemeno, consegnare della polvere bianca in cambio di una mazzetta di banconote, a un terzetto di farabutti, ed ha assistito alla scena in compagnia della sua gentile signora.

  Il dottor Di Persia non si informa sui precedenti del «noto pittore», che si chiama Giuseppe Margutti, ed è tanto riservato, odia tanto la pubblicità, e dà dello stesso fatto versioni differenti: una ad un redattore di Stop, l’altra al Sostituto Procuratore.

   Bene, l’artista, che si è fatto denunciare dal Louvre per una mostra delle sue opere non richiesta, che inventa, per andare con una donna, un rapimento, che mette in circolazione francobolli con la sua faccia, che dichiara guerra agli Usa che lo hanno buttato fuori, che immagina un sequestro che non c’è mai stato, che denuncia i critici che non lo capiscono, che si fa incatenare nella Galleria di Milano, che chiama i fotografi per farsi ammirare mentre imbianca i muri sudici dell’asilo di sua figlia è il teste chiave.

   I giudici di Napoli spiegano poi agli avvocati Dall’Ora, Della Valle e Coppola, tutori di Tortora, che le chiacchiere di Margutti costituiscono «un importante risultato sul piano probatorio».

Signor Presidente, chi risarcirà Tortora di queste calunnie? Col pappagallo, dovra forse andare a distribuire i pianeti della fortuna? Del resto, visto come va la giustizia, a chi si dovrebbe affidare?

https://www.radioradicale.it/processi/252/i-troncone-della-nco-tra-gli-imputati-enzo-tortora-confronti

https://www.radioradicale.it/soggetti/6814/pandico?field_registrazione_raggruppamenti_radio=6

RICORDANDO

Giovanni Di Clemente, produttore

Roma, 15 aprile 1948 – Roma, 2 gennaio 2018

Mariangela Melato

Milano, 19 settembre 1941 – Roma, 11 gennaio 2013

Giuliano Gemma

Roma, 2 settembre 1938 – Civitavecchia, 1º ottobre 2013

Umberto Bellissimo

27 novembre 1955 – 9 febbraio 2016

Franco Diogene

Catania, 20 ottobre 1947 – Genova, 27 maggio 2005

Costantino Carrozza

Messina, 15 giugno 1937 – Catania, 31 gennaio 2016

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mauriziozaccaro Mostra tutti

Regista e sceneggiatore italiano.
Italian film director and screenplayer.