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UN FOGLIO BIANCO

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“Un ultimo raggio di sole, come un fagotto di stracci buttato lì, sui gradini dell’altare maggiore. Lo scatto d’apertuta del catnaccio centrale. Un altro scatto di un volto che si solleva dalle mani (ancora dura il riverbero). Altre mani che aprono i due fermi verticali. Il volto del prete, gli occhi appena sopra le punte delle dita: “Devo tenere tutto a mente…” Parole sussurrate fra le dita delle mani cogiunte dove poggia la bocca. “Tutto! Com’è in questo istante…ogni minimo particolare…”

Sceneggiatura “Il villaggio di cartone  – Ermanno Olmi – incipit

“A last ray of sunshine, like a bundle of rags thrown there on the steps of the high altar. The opening shot of the central catnacle. Another shot of a face rising from the hands (still the glare lasts). More hands opening the two vertical stops. The priest’s face, eyes just above fingertips, “I must keep it all in mind…” Whispered words between the fingers of the cupped hands where his mouth rests. “Everything! How it is in this instant…every little detail…”

Screenplay “The Cardboard Village” – Ermanno Olmi – incipit

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Progetto Sostenibilità- "Il Villaggio di Cartone" di E. Olmi- film co-prodotto da Edison
La libertà scritta sullo schermo

«Il nostro futuro è nella ricerca delle origini e io
penso che in questa ricerca l’Africa salverà noi e 
non viceversa, perché ci farà conoscere e ci
riporterà al punto delle origini. Se abbiamo
bisogno di aiuto chiediamolo a loro»
– Ermanno Olmi –

Capita spesso che l’allievo arrivato ad un determinato punto del proprio percorso professionale ed umano, scelga di omaggiare il maestro, colui che alimenta con la linfa vitale quell’humus acerbo che ci spinge verso una passione. E’ toccante quando questo omaggio si realizza mettendo in campo proprio quegli strumenti e quegli sguardi acquisiti dal maestro. Come regalo per i suoi 80 anni – e forse anche per il bentornato al cinema (Ermanno Olmi aveva affermato che Centochiodi (2007) sarebbe stato il suo ultimo film) – Maurizio Zaccaro sceglie di girare un film-documentario, Un foglio bianco, seguendo passo passo la lavorazione de Il villaggio di cartone di E. Olmi. Il film di Zaccaro riesce ad essere un preambolo (o prosecuzione a seconda dell’ottica) dell’apologo di Olmi, ma allo stesso tempo si rivela come un lungometraggio a sé. Potremmo letteralmente dire che in campo c’è una macchina da presa, “invisibile”, guidata acutamente da una persona familiare, tanto da essere accettata nonostante la riservatezza del maestro.
La prima inquadratura quasi si fonde simbolicamente con l’ultima de Il villaggio di cartone, un ingresso in scena evocativo per far posto agli “appunti” sul film di E. Olmi.  Disegni, piante delle location, campi-controcampo che coesistono in un incontro.
Un foglio bianco palesa ad ogni fotogramma che si sussegue un montaggio attento (Dario Indelicato) guidato da un’idea registica ben precisa: mettere nero su bianco il farsi della poetica di Olmi nella sua artigianalità, tecnica e umana. Il film di Zaccaro sembra rispondere alla legge: dal particolare all’universale perché anche se è stato girato in occasione delle riprese de Il villaggio di cartone la mano del regista-maestro è inconfondibile. Colpisce vedere come uno dei maestri della cinematografia italiana rifinisca col pennello il Cristo senza demandare esclusivamente alle maestranze, avendo coscienza dell’importanza del suo occhio anche nel lavoro tecnico. E’ nella parte dei casting che i segreti del mestiere emergono con maggiore potenza perché la chiave non è essere meccanici, ma sapere di essere delle persone, gli uni di fronte all’altro. Qui capita un episodio simpatico, emblematico della semplicità con cui un maestro si pone, il dialogo tra l’attore (coloro che interpretano gli immigranti sono al loro debutto) e il regista. “E come si chiama?” “Olmi, come gli alberi…” “Uhmm, e di cosa si occupa?” “Di fare questo film…”.
Un foglio bianco si fa scrivere  dall’impronta di un artista che segue i suoi attori giorno dopo giorno, capendo ogni giorno qualcosa in più con loro; basta un pensiero, un’intenzione che corre lungo quei silenzi e quelle parole per dar corpo ai personaggi di un film non realista ed iperconcreto. Sembra un lusso per noi spettatori viaggiare nel lavoro che sottende un film presi per mano da allievo e maestro, Un foglio bianco ci regala questa possibilità, soprattutto, andando oltre lo specifico film(ico), si addentra in quello che è il cammino simbolico intrapreso da Olmi. Un maestro che preserva la semplicità per approdare al simbolico che si – e ci – libera delle sovrastrutture socio-culturali. Con vigore, Ermanno Olmi rivendica la sua libertà e questo forse è il monito più importante che può lasciare al suo allievo, Maurizio Zaccaro (formatosi a Ipotesi cinema, ideato da E. Olmi e Paolo Valmarana), e a noi tutti. «A ottant’anni non ho nemmeno più bisogno di una sceneggiatura per girare, voglio sentirmi libero, anche di cambiare le cose all’improvviso, essere cioè un foglio bianco da riempire lì, in quel momento».

Maria Lucia Tangorra

“Our future is in the search for origins, and I
think that in this search Africa will save us and
not vice versa, because it will make us known and it will
bring us back to the point of origins. If we have
need help let us ask them.
Ermanno Olmi

It often happens that the student who has arrived at a certain point in his or her professional and human journey chooses to pay homage to the master, the one who nourishes with lifeblood that immature humus that drives us toward a passion. It is touching when this tribute is realized by bringing into play precisely those tools and looks acquired by the master. As a gift for his 80th birthday – and perhaps also as a welcome back to cinema (Ermanno Olmi had said that Centochiodi (2007) would be his last film) – Maurizio Zaccaro chooses to make a documentary film, Un foglio bianco, following step by step the making of E. Olmi’s Il villaggio di cartone. Zaccaro’s film succeeds in being a preamble (or continuation depending on one’s perspective) to Olmi’s apologue, but at the same time it reveals itself as a feature film in its own right. We could literally say that there is a camera in the field, “invisible,” sharply guided by a familiar person, so much so that it is accepted despite the master’s reserve.
The first shot almost symbolically merges with the last shot of Il villaggio di cartone, an evocative entrance to make way for “notes” on E. Olmi’s film. Sketches, location plans, and back-fields coexisting in an encounter.
A blank sheet of paper reveals with each succeeding frame a careful editing (Dario Indelicato) guided by a precise directorial idea: to put on paper the making of Olmi’s poetics in its craftsmanship, technical and human. Zaccaro’s film seems to respond to the law: from the particular to the universal because even though it was shot during the filming of Il villaggio di cartone the hand of the director-master is unmistakable. It is striking to see how one of the masters of Italian cinematography refines with the brush the Christ without delegating exclusively to the workers, being aware of the importance of his eye even in the technical work. It is in the casting part that the secrets of the craft emerge most powerfully because the key is not to be mechanical, but to know that we are people, facing each other. A sympathetic episode happens here, emblematic of the simplicity with which a master poses, the dialogue between the actor (those playing immigrants are in their debut) and the director. “And what is his name?” “Olmi, like the trees…” “Uhmm, and what do you deal with?” ”Making this film….”

A blank sheet of paper gets written by the imprint of an artist who follows his actors day after day, understanding something more with them every day; all it takes is a thought, an intention running along those silences and words to flesh out the characters of an unrealistic and hyper-concrete film. It seems a luxury for us viewers to travel into the work that underlies a film taken by the hand of pupil and master, A blank sheet gives us this possibility, above all, by going beyond the specific film(ical), it delves into what is the symbolic path undertaken by Olmi. A master who preserves simplicity to land on the symbolic that frees himself – and us – of socio-cultural superstructures. With vigor, Ermanno Olmi claims his freedom, and this is perhaps the most important warning he can leave to his pupil, Maurizio Zaccaro (trained at Ipotesi cinema, conceived by E. Olmi and Paolo Valmarana), and to us all. “At eighty years old, I don’t even need a script to shoot anymore, I want to feel free, even to change things suddenly, that is, to be a blank sheet of paper to be filled in there, at that moment.”

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La recensione su Un foglio bianco

 

Il foglio di Ermanno Olmi, a sentire lo stesso regista in questo bel documentario, è sempre bianco: impossibile girare per lui con una sceneggiatura ‘blindata’, il film viene creato di giorno in giorno, costantemente modificato, smussato, innovato. Il foglio bianco rappresenta la massima libertà, e a ottant’anni, conclude Olmi nella sequenza di chiusura del film, è legittimo goderne. Maurizio Zaccaro conosce bene il regista lombardo e ha così il più libero accesso al set de Il villaggio di cartone; la combinazione è perfetta, perché Olmi è altrettanto a suo agio con le telecamere attorno mentre sta preparando o girando il suo film.

Anzi, a guardar bene Un foglio bianco ha un solo grande protagonista, pur in tanto marasma di persone, luoghi e situazioni che si accavallano come è normale che sia su un set cinematografico: il mattatore è appunto Ermanno Olmi. Incontenibile nel suggerire i personaggi agli interpreti, nel richiedere i minimi dettagli agli scenografi, nel raccontarsi a Zaccaro con una lucidità impressionante, meravigliosamente adornata da una parlata forbita (anche se una parolaccia, a un certo punto, gli scappa) e mai ostentatamente colta.

I protagonisti Michael Lonsdale e Rutger Hauer sfilano abbastanza rapidamente nel documentario; a interessare di più Zaccaro e lo stesso Olmi sono le comparse africane che si presentano al casting: chi parla italiano correttamente, chi a malapena, chi ha un passato orribile da raccontare, chi una vita ormai stabile, sono comunque tutti capaci di lasciare un segno nel film. Perché è l’Africa che finirà con il salvarci, e non viceversa: lo sostiene la profetica didascalia finale firmata dallo stesso Olmi.

Sulla trama

Il casting, la preparazione del set, il trucco, lo studio dei personaggi con gli attori, le riprese: uno sguardo sulla lavorazione de Il villaggio di cartone di Ermanno Olmi.

L’OMAGGIO. Zaccaro: «Porto a Venezia il segreto di Olmi»

 

 
Avvenire. Luca Pellegrini sabato 6 agosto 2011
 
Alla Mostra di Venezia sarà svelato «il segreto» di Olmi. Di un maestro del cinema sempre riservato, nascosto nel suo “bosco vecchio” di Asiago o “dietro i paraventi” di un’esistenza contadina. Ad alzare il velo sarà Maurizio Zaccaro, suo storico collaboratore fin dai tempi di Cammina cammina, che è stato autorizzato dal suo maestro a seguirlo, prima e durante le riprese, con una piccola telecamera hd e un microfono. Così, in Controcampo italiano, arriva il suo sincero omaggio: Un foglio bianco. Appunti sul film di Ermanno Olmi Il villaggio di cartone. Ma che cos’è il foglio bianco? Il titolo si aggancia a una battuta molto bella che fa Olmi sul set: «A ottant’anni non ho nemmeno più bisogno di una sceneggiatura per girare, voglio sentirmi libero, anche di cambiare le cose all’improvviso, un attimo prima di battere il ciak, essere cioè un foglio bianco da riempire lì, in quel momento». Ecco: il foglio bianco è Olmi. Come nasce il suo lavoro?È frutto di una lunga amicizia e collaborazione, il privilegio raro e unico di poterlo riprendere mentre prepara il film, in tutti quei tasselli del suo lavoro assai poco conosciuti. Sono questi i suoi «segreti». Oggi c’è l’imbarbarimento del lavoro del regista, che arriva sul set e dice: azione. Olmi invece, non banalizza il lavoro di nessuno. Per questo dedico il mio film a chi vuole fare il cinema e al cinema come andrebbe fatto.Come ha seguito Olmi al lavoro?Non c’è un’intervista vera e propria, ma il racconto della sua “filosofia del lavoro”, del suo modo di lavorare, che vediamo per la prima volta. Qual è la «filosofia del lavoro» di Olmi?Massima onestà nei confronti dell’idea perseguita, che può variare a seconda degli umori e degli incontri, ma che lui non tradisce mai.Ci dobbiamo attendere un ritratto inaspettato di Olmi?Quello che ne esce, secondo me, è soltanto il ritratto di un uomo che ama forsennatamente il proprio lavoro e l’onestà integerrima con la quale viene proposto e offerto al pubblico. Un foglio bianco fa capire anche la densità professionale di Olmi. Come, ad esempio, quando prende in mano un pennello per ritoccare un pezzo di scenografia: è il piacere di fare il regista, che gli scorre nelle vene fino a quel livello.In questo mestiere, quali sono le virtù che più gli riconosce?L’umiltà, la disponibilità a parlare con tutti, con un operaio che sta piantando un chiodo, un attore che sta provando la parte. Scatta un meccanismo di complicità totale tra le persone che aiutano Olmi e Olmi che aiuta le persone. Tutte coinvolte ora nel «Villaggio di cartone». Quale film vedremo?Veramente non è un film di finzione, sarà una grande sorpresa, molto particolare. Tanto è vero che non è «un film di» ma, come ha voluto lui, «un apologo di». Ermanno dimostra questa volta di volersi esprimere su altre tematiche e con altre forme. Si toccherà con mano ciò che succede a questi poveri personaggi, approdati non solo in Italia, ma sul set del più grande regista italiano vivente.In questo ritratto scopriremo realizzato quanto il Cardinale Ravasi, suo caro amico, gli riconosce: «una straordinaria bontà quasi strutturale, illuminata da uno sguardo chiaro e luminoso».Ermanno ha fatto la storia del cinema e della cultura con uno sguardo completo sulla nostra società. Questa volta i suoi occhi buoni si sono fermati sugli extra-comunitari, che ha incontrato a uno a uno durante il casting: con tutti, dal primo all’ultimo, è nata una spontanea, istintiva, reciproca amicizia. È la sua straordinaria bontà, appunto.
 
 

Photos by  Kash Gabriele Torsello © 2011

Il Villaggio di Cartone Diretto da Ermanno Olmi

Il Villaggio di Cartone Diretto da Ermanno Olmi

Ermanno Olmi con il Direttore della Fotografia Fabio Olmi.

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Il Villaggio di Cartone Diretto da Ermanno Olmi

IL VILLAGGIO DI CARTONE.BARI 25 OTTOBRE 2010

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Il Villaggio di Cartone Diretto da Ermanno Olmi

Il Villaggio di Cartone Diretto da Ermanno Olmi

Il Villaggio di Cartone Diretto da Ermanno Olmi

Un foglio bianco” appunti sull”ultimo film di Olmi

“A ottant’anni non ho nemmeno più bisogno di una sceneggiatura per girare, voglio sentirmi libero, anche di cambiare le cose all’improvviso, essere cioè un foglio bianco da riempire, lì, in quel momento. La libertà è il foglio bianco”.

Si chiude così, su questa dichiarazione di Ermanno Olmi, il film documentario di Maurizio Zaccaro a lui dedicato, presentato a Venezia nella sezione “Controcampo e intitolato, appunto, “Un foglio bianco”. In novanta minuti, il regista milanese ci accompagna in un viaggio singolare ma segnato da molte suggestioni, dietro le quinte del film di Olmi “Il villaggio di cartone”, anch’esso presentato alla Mostra come evento fuori concorso.  

Aprendo una breccia nel muro di riservatezza dietro il quale il maestro bergamasco si è sempre trincerato, Zaccaro è riuscito a riprendere, con la sua telecamera HD, i momenti salienti della preparazione della pellicola, che racconta una storia sgorgata dalla fantasia di Olmi in poco più di due mesi trascorsi aletto,  in immobilità forzata dopo una caduta. Una storia di accoglienza, sul tema dell’immigrazione e del valore più autentico della carità cristiana. Un senso, la direzione che Olmi ha voluto imprimere a questa sua riflessione per immagini, che traspare compiutamente anche dal film di Zaccaro, soprattutto dai dialoghi tra il regista, uno degli ultimi maestri del nostro cinema – due anni fa Leone d’oro alla carriera – e gli aspiranti attori, durante alcune fasi del casting.

“Di questo percorso compiuto insieme  – ha spiegato Zaccaro- ho cercato di cogliere gli aspetti più intimi del lavoro di un regista ma non solo. Quello che mi interessava non era documentare la “macchina cinema“ bensì quello che la nutre, a cominciare dagli incontri con i personaggi che Olmi andava cercando per comporre il cast. Donne, uomini e bambini provenienti da paesi lontani. Per tutti costoro Olmi non era un regista ma un amico col quale dialogare senza soggezione, in totale libertà e serenità. Ne è nato così un documento unico, denso di sentimenti, umanità e reciproco rispetto; intervistare queste persone e Olmi stesso è stato un privilegio di rara intensità ed è ora la chiave per capire il lavoro di un grande artigiano del cinema, l’ultimo ancora attivo fra i registi che hanno fatto la storia del cinema italiano. Un foglio bianco non è solo un documentario o un omaggio alla sua inimitabile arte ma soprattutto il mio piccolo regalo di compleanno all’uomo che ha dato a tanti giovani aspiranti registi l’opportunità e il privilegio di “rubargli“ il mestiere stando alla sua “bottega”.

(Luciana Matarese)

07/09/11 – Maurizio Zaccaro presenta il suo docu-film su Ermanno Olmi mentre gira Il villaggio di cartone. Nella selezione di Orizzonti.

Dalla nostra inviata LIA COLUCCI

Ermanno Olmi per i suoi 80 anni si fa un regalo sublime: la libertà, assoluta, totale incondizionata. E per lui la libertà è come un foglio bianco che puoi scrivere e riscrivere, ogni volta che vuoi senza aver paura di cambiare idea, una libertà concessa ai neonati e ai vegliardi. Da questa felice battuta nasce Un Foglio Bianco documentario al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, diretto da Maurizio Zaccaro che ha lungamente collaborato negli anni con il maestro. Ma questa volta si è trattata di un’operazione diversa Zaccaro ha seguito le riprese dell’ultima pellicola di Olmi , Il villaggio di Cartone a condizione che fosse in compagnia solo della macchina da presa. E così è cominciato questo viaggio nella mente e nel lavoro del cineasta. Olmi aveva affermato che i Cento Chiodi sarebbe stato il suo ultimo film e infatti da quello che trapela dal dietro le quinte de Il Villaggio di Cartone si capisce subito che non si tratta di una pellicola classica che a Olmi non interessa più la narrazione tradizionale. Commosso dagli sbarchi di Lampedusa decide di girare un film sui diseredati della terra, che trovano riparo solo in una chiesa derubata. Zaccaro riprende con dovizia di particolari i momenti del casting: i possibili attori sono tutti di colore e alcuni provengono dalle famose barche che tanto hanno fatto discutere.

Il maestro per loro è Ermanno Olmi, “Olmi come gli alberi” ripete lui a chi non ha mai sentito il suo nome: “Come sarebbe se tutte le razze si mescolassero tra loro: nascerebbero dei bambini meravigliosi”. E poi attraverso lui abbiamo la possibilità di osservare qualcosa che sta scomparendo: l’artigianalità all’interno del mestiere del cinema. Olmi non ha dimenticato i vecchi trucchi della scuola, gli espedienti che hanno fatto grande il nostro cinema: ancora usa birra e sale per creare degli effetti speciali, quasi a dire qui non siamo a Hollywood, noi parliamo di cose serie, non ci serve il 3D. Tanto che improvvisamente entra un Cristo in croce e anche il regista si appresta a dare gli ultimi ritocchi alle stigmate, con grande impegno e abnegazione. L’unica parola che non bisogna pronunciare è fotocopie. Se qualcuno dice “allora va tutto bene così, possiamo fare le fotocopie”, Olmi si ribella: ”Non posso mica fare come Hitchcock che dopo la sceneggiatura si metteva sotto un albero ad annoiarsi mentre si girava il film, magari domani cambio tutto”. E già lui ha il suo foglio bianco.

07/09/11 – Maurizio Zaccaro presents his docu-film on Ermanno Olmi while shooting Il villaggio di cartone. In Venice’s Horizons selection.

For his 80th birthday Ermanno Olmi gives himself a sublime gift: freedom, absolute, total unconditional. And for him, freedom is like a blank sheet of paper that you can write and rewrite, whenever you want without being afraid to change your mind, a freedom granted to infants and old people. From this happy line comes Un Foglio Bianco documentary at the Venice Film Festival in the Orizzonti section, directed by Maurizio Zaccaro, who has long collaborated with the master over the years. But this time it was a different operation Zaccaro followed the filming of Olmi’s last film , Il villaggio di Cartone on the condition that he was in the company only of the camera. And so began this journey into the mind and work of the filmmaker. Olmi had stated that The Hundred Nails would be his last film, and indeed from what transpires from behind the scenes of The Cardboard Village it is immediately clear that this is not a classic film that Olmi is no longer interested in traditional storytelling. Moved by the Lampedusa landings, he decides to make a film about the dispossessed of the earth, who find shelter only in a robbed church. Zaccaro captures the casting moments in great detail: the possible actors are all black and some come from the famous boats that have caused so much discussion.

The master for them is Ermanno Olmi, “Olmi like the trees,” he repeats to those who have never heard his name: “What it would be like if all races mixed together: wonderful children would be born.” And then through him we have the opportunity to observe something that is disappearing: craftsmanship within the craft of filmmaking. Olmi has not forgotten the old school tricks, the gimmicks that made our cinema great: he still uses beer and salt to create special effects, as if to say here we are not in Hollywood, we talk about serious things, we don’t need 3D. So much so that suddenly a Christ on the cross enters and even the director is about to put the finishing touches on the stigmata, with great commitment and self-sacrifice. The one word that must not be uttered is photocopies. If someone says “then it’s all right, we can do photocopies,” Olmi retorts, “I can’t be like Hitchcock who after the script would stand under a tree and be bored while the film was being made, maybe tomorrow I’ll change everything.” And already he has his blank sheet.

FILM-TV – La recensione su Un foglio bianco

Il foglio di Ermanno Olmi, a sentire lo stesso regista in questo bel documentario, è sempre bianco: impossibile girare per lui con una sceneggiatura ‘blindata’, il film viene creato di giorno in giorno, costantemente modificato, smussato, innovato. Il foglio bianco rappresenta la massima libertà, e a ottant’anni, conclude Olmi nella sequenza di chiusura del film, è legittimo goderne. Maurizio Zaccaro conosce bene il regista lombardo e ha così il più libero accesso al set de Il villaggio di cartone; la combinazione è perfetta, perchè Olmi è altrettanto a suo agio con le telecamere attorno mentre sta preparando o girando il suo film. Anzi, a guardar bene Un foglio bianco ha un solo grande protagonista, pur in tanto marasma di persone, luoghi e situazioni che si accavallano come è normale che sia su un set cinematografico: il mattatore è appunto Ermanno Olmi, Incontenibile nel suggerire i personaggi agli interpreti, nel richiedere i minimi dettagli agli scenografi, nel raccontarsi a Zaccaro con una lucidità impressionante, meravigliosamente adornata da una parlata forbita (anche se una parolaccia, a un certo punto, gli scappa) e mai ostentatamente colta. I protagonisti Michael Lonsdale e Rutger Hauer sfilano abbastanza rapidamente nel documentario; a interessare di più Zaccaro e lo stesso Olmi sono le comparse africane che si presentano al casting: chi parla italiano correttamente, chi a malapena, chi ha un passato orribile da raccontare, chi una vita ormai stabile, sono comunque tutti capaci di lasciare un segno nel film. Perchè è l’Africa che finirà con il salvarci, e non viceversa: lo sostiene la profetica didascalia finale firmata dallo stesso Olmi.

Ermanno Olmi’s sheet of paper, to hear the director himself in this fine documentary, is always blank: impossible for him to shoot with an ‘armored’ script, the film is created from day to day, constantly modified, smoothed, innovated. The blank sheet of paper represents maximum freedom, and at eighty, Olmi concludes in the film’s closing sequence, it is legitimate to enjoy it. Maurizio Zaccaro knows the Lombard director well and thus has the freest access to the set of The Cardboard Village; the combination is perfect, because Olmi is just as comfortable with cameras around him while he is preparing or shooting his film. Indeed, if you look closely, Un foglio bianco has only one great protagonist, even in such a welter of people, places and situations that overlap as is normal on a film set: the star of the show is precisely Ermanno Olmi, Uncontainable in suggesting characters to the performers, in demanding the smallest details from the set designers, in telling Zaccaro about himself with an impressive lucidity, wonderfully adorned by a polished speech (although a swear word, at one point, escapes him) and never ostentatiously cultured. Lead actors Michael Lonsdale and Rutger Hauer parade fairly quickly through the documentary; what interests Zaccaro and Olmi himself most are the African extras who show up for casting: some speak Italian correctly, some barely, some have a horrible past to recount, some a now stable life, they are all nevertheless capable of leaving a mark on the film. Because it is Africa that will end up saving us, and not vice versa: this is supported by the prophetic final caption signed by Olmi himself.

UN FOGLIO BIANCO
un film-documentario di
MAURIZIO ZACCARO
soggetto, sceneggiatura, fotografia e regia
MAURIZIO ZACCARO

organizzazione
ELISABETTA OLMI

musiche
TEHO TEARDO

montaggio e motion graphic
DARIO INDELICATO

aiuto regista e seconda unità
ALESSANDRA GORI

fotografo di scena
KASH GABRIELE TORSELLO

una produzione
CINEMAUNDICI
e
FREESOLO PRODUZIONI

nazionalità ITALIANA
anno di produzione 2011

ambientazione
Bari . Palazzetto dello Sport Palaflorio
aspect ratio 16:9 full hd 1080
durata film 91′

si ringrazia
Maurizio Millenotti
Giuseppe Pirrotta
Irima Pino Viney
Elhadji Ibrahima Faye
Fatima Alì
Samuels Leon Delroy
Rashidi Osaro Wamah
Fernando Chironda
Souleymane Sow
Heven Tewelde
Prosper Elijah Keny
Linda Keny
Blaise Aurelien Ngoungou Essoua
e tutto il cast tecnico e artistico che ha contribuito alla realizzazione del film
in particolare
Michael Lonsdale e Rutger Hauer
Avatar di mauriziozaccaro

mauriziozaccaro Mostra tutti

Regista e sceneggiatore italiano.
Italian film director and screenplayer.