Dal 5/12/2025 in libreria e store online. BELLISSIMA DEA – Beautiful goddess


Casa editrice indipendente dal 1913
Narrativa, poesia e saggistica info@vallecchi-firenze.it

“Bellissima Dea” è un libro di tante, straordinarie cose insieme: un romanzo. una biografia, un saggio sulla storia del cinema italiano e il tentativo, più che riuscito, di ricostruire il percorso professionale ma anche umano di una diva che non si è mai lasciata afferrare, nè celebrare.
“Bellissima Dea” is a book that combines many extraordinary elements: it is a novel, a biography, an essay on the history of Italian cinema, and a highly successful attempt to reconstruct the professional and personal journey of a Diva who never allowed herself to be grasped or celebrated.

“Bellissima Dea. La storia di Clara Calamai” arriva in tutte le librerie e store online.
Maurizio Zaccaro, regista, sceneggiatore, vincitore del David di Donatello e del Premio Solinas, è tornato alla scrittura seguendo la linea sottile che per Clara Calamai sta tra vita romanzata e vita degna di un romanzo.
Adorata e ricordata tra le attrici più belle e scandalose dell’epoca, fu consacrata alla fama da Luchino Visconti con “Ossessione”.
Si sparò, ma sopravvisse poiché una costola deviò il proiettile. Questa è – quasi- la sua storia.
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“Bellissima Dea. La storia di Clara Calamai” (Beautiful Goddess. The story of Clara Calamai) is now available in all bookshops and online stores.
Maurizio Zaccaro, director, screenwriter, winner of the David di Donatello award and Solinas award, has returned to writing, following the fine line that separates Clara Calamai’s fictionalized life from her life worthy of a novel.
Adored and remembered as one of the most beautiful and scandalous actresses of her time, she was catapulted to fame by Luchino Visconti with “Ossessione.”
She shot herself but survived because a rib deflected the bullet. This is—almost—her story.

Attrice iconica del cinema italiano, Clara Calamai è ricordata per il suo talento intenso, lo sguardo magnetico e il coraggio artistico. Protagonista di opere fondamentali come Ossessione e presenza indimenticabile in Profondo Rosso di Dario Argento, è stata anche la protagonista del primo seno nudo del cinema italiano in La cena delle beffe (1942), un gesto che segnò una svolta nella storia del nostro cinema. Una delle prime vere dive moderne, capace di lasciare un’impronta viva e ancora attuale.
“Clara Calamai was a legendary Italian actress known for her intense performances and bold artistic choices. Star of milestone films such as “Ossessione” and a memorable presence in Dario Argento’s “Deep Red”, she also made cinema history by appearing in the first female topless scene in Italian film “La cena delle beffe” (1942). A timeless icon whose influence continues to shape Italian cinema.” Alfonso Castagno
“My career has been a long journey, often difficult, but always lived with great passion.” Clara Calamai

«Clara Calamai fu una vera e propria invenzione di Visconti. Credo non ci fosse allora nel cinema italiano una figura femminile che avesse la possibilità di diventare sullo schermo sesso e simbolo come fece Clara.» Giuseppe De Santis
“Clara Calamai was truly Visconti’s creation. I don’t think there was any other female figure in Italian cinema at the time who had the potential to become a sex symbol and icon on screen in the way that Clara did.” Giuseppe De Santis





La prefazione di Emanuela Martini, critica cinematografica e direttrice artistica italiana, direttore responsabile di “Cineforum” e membro della commissione di selezione della Festa del Cinema di Roma.

Un equilibrio delicato
di Emanuela Martini
“Lo dico sempre ai miei giovani del Centro: lo schermo è un lenzuolo. E cosa si adagia su un lenzuolo? Si adagiano sogni erotici, sogni di bellezza sovrumana. Chi compra il biglietto ed entra in un cinema ha con le ombre che vivono su quel lenzuolo un rapporto di confidenza… di infinito desiderio”. Lo dice un grande costumista italiano a una sua amica, attempata attrice, mentre in casa sua stanno festeggiando con pochi altri intimi amici il compleanno di lei, poco sopra gli ottanta. Le ha appena raccontato, per fugare la malinconia dei ricordi, degli atti mancati, dei rimpianti e dei desideri irrisolti, di quando un grande regista gli disse di vestirla “con un bell’abito verde, come se fosse la buccia acerba del personaggio, sotto il quale però s’intuisca la sinuosità di un corpo slanciato e sensuale. Ma falla elegante, esaltale il collo con l’oro…”. Eppure, nel film tardivo di cui parla Piero Tosi, l’attrice aveva una parte piccola, che considerò poi quasi umiliante, come aveva giudicato l’altro minuscolo ruolo per il quale lo stesso grande autore l’aveva chiamata dieci anni prima, nel 1957: una prostituta cha attraversa un ponte livornese immerso nella nebbia e ricostruito con fantasmatica suggestione a Cinecittà, in un’accorata versione contemporanea dello smarrimento esistenziale delle Notti bianche di Dostoevskij. Ma, dice Piero, Luchino ti voleva bene.
L’attrice è Clara Calamai, che è stata un sogno erotico bellissimo, dagli occhi a mandorla e il corpo snello e vibrante, una delle grandi dive italiane degli anni 40, che s’impose con la sua figura spesso altera, più francese che mediterranea, e che rimase impressa nell’immaginario collettivo più di altre dive sue coetanee per il coraggio con cui, nel 1942, nel dramma storico diretto da Alessandro Blasetti La cena delle beffe apparve per una manciata di secondi a seno nudo, dopo che Amedeo Nazzari le aveva strappato con disprezzo geloso il corsetto. E poi perché, un anno dopo, con ancora più coraggio, rinunciò agli abiti sfarzosi, al trucco, al glamour di cortigiane, nobildonne, signore alto-borghesi, per immergersi nella sciatta sensualità di una bottegaia frustrata della Bassa Padana, ciabatte e sottoveste nera, marito ingombrante ma benestante, una figura disturbante e insolita, com’era tutto il film: Ossessione, cioè Il postino suona sempre due volte di James Cain sotto mentite spoglie (ogni prodotto americano era severamente bandito all’epoca nell’Italia autarchica), con il quale Luchino Visconti, esordendo nella regia con un apparente thriller erotico, inaugurava il neorealismo. L’immagine di Giovanna segnò un’epoca, anche se il vero oggetto del desiderio, il motore erotico del film non era lei, ma il coprotagonista Massimo Girotti , vagabondo malvissuto in canottiera e cappello, che si era davvero innamorato di Clara, che a sua volta amava Luchino, che invece amava spudoratamente Massimo.
Facce, nomi, amicizie e affetti, capolavori, titoli, immagini e atmosfere troppo spesso e sempre di più dimenticate, che hanno invece fatto la nostra cultura contemporanea e che vale la pena di ritrovare, rinnovare, magari con l’elegante disinvoltura e con l’affettuosa partecipazione con cui Maurizio Zaccaro (che oltre a essere regista è anche sensibile scrittore) racconta la realtà storica servendosi della narrazione romanzata. Una pratica poco diffusa nella nostra letteratura che però, quando è onesta, documentata e discreta come in questo caso, è utilissima proprio per trasmettere la memoria di personaggi e momenti artistici e storici fondamentali.
Bellissima dea comincia nel 1991, scarta nell’estate del 1929, e poi continua nel suo andirivieni tra la ragazza toscana che partì per Roma e poi divenne una grande star, la diva della quale tutti gli uomini che partivano per la guerra volevano la foto, la donna innamorata che poi si sposò, si allontanò dal cinema e la signora che forse dopo lo rimpianse. Clara Calamai è stata spesso letta come una sorta di Greta Garbo italiana, la diva che si era ritirata e nascosta alla vista degli ammiratori, a Milano, ad Ansedonia, a Rimini. Forse andò così, ma forse (almeno questo sembra trapelare dalle pagine di Zaccaro) fu soprattutto una voglia di casa e di affetto, di stabilità e famiglia a farla allontanare dal lavoro; e dopo, soprattutto, ecco arrivare la distrazione della vita che continua, delle mode che si susseguono, del cinema che cambia. A differenza di due star italiane sue contemporanee, Alida Valli (più giovane) e Anna Magnani (coetanea), Calamai non continuò a lavorare negli anni 50, se non sporadicamente, in parti piccole e camei, e men che meno approfittò dello splendore hollywoodiano del quale godettero Valli e Magnani (con la quale si “rubarono” le parti, rispettivamente in Ossessione e Roma città aperta). Ci volle la buona memoria di un giovane autore molto cinefilo per farla riscoprire, a metà degli anni 70, con una parte memorabile: Dario Argento e Profondo rosso, thriller fondamentale della nostra storia cinematografica, dove la sua natura di attrice gioca un ruolo fondamentale.
Farla riemergere oggi, con tutta la sua umanità autentica, con la sua fisicità non inibita (quando abitava nella casa di Ansedonia, si mostrava al mare in bikini quando ancora in Italia non era troppo diffuso), con la sua grande passione per la recitazione e la capacità di capire ed eseguire gli ordini talvolta insoliti di registi che tentavano, allora, di dare una fisionomia al nostro cinema, serve anche a riempire dei vuoti, non solo nella memoria cinematografica purtroppo sempre più flebile, ma anche nella comprensione della figura femminile in generale, nella dinamica cultura-famiglia-lavoro nostrana, fatta di desideri inappagati e spesso contrastanti, allora molto più di oggi ovviamente, ma nemmeno oggi completamente riusolti. Zaccaro gira con pudore intorno a questi temi, rispettando contemporaneamente la “privacy” del personaggio (che reiventa, senza per questo sfruttarlo, senza cannibalizzarlo), la vera Storia (con la S maiuscola) che la circonda (quella del cinema soprattutto) e le contraddizioni femminili che si trova a descrivere, essendo un uomo; anche in questo caso con rispetto, senza tendenze giudicanti, senza paternalismi accomodanti.
Un equilibrio delicato, quello di Bellissima dea, che si legge come un romanzo, il romanzo di una signora che scelse probabilmente sempre con il cuore, e poi con lo stesso cuore se ne pentì. O forse no, non se ne pentì, ma magari continuò a chiedersi, come facciamo tutti, cosa sarebbe accaduto se avesse imboccato una diversa sliding door. Ma allora forse non sarebbe stata Clara Calamai.

The preface by Emanuela Martini, Italian film critic and artistic director, editor-in-chief of Cineforum, and member of the selection committee for the Rome Film Festival.
A delicate balance
by Emanuela Martini
“I always tell my young people at the Center: the screen is a sheet. And what lies on a sheet? Erotic dreams lie on it, dreams of superhuman beauty. Those who buy a ticket and enter a cinema have a relationship of trust with the shadows that live on that sheet… of infinite desire.” A great Italian costume designer says this to a friend of his, an elderly actress, while they are celebrating her birthday, just over eighty, at his home with a few other close friends. He has just told her, to dispel the melancholy of memories, missed opportunities, regrets, and unresolved desires, about when a great director told him to dress her “in a beautiful green dress, as if it were the unripe skin of the character, under which, however, one could sense the sinuosity of a slender and sensual body. But make her elegant, enhance her neck with gold…’. Yet, in the late film Piero Tosi refers to, the actress had a small part, which she later considered almost humiliating, as she had judged the other tiny role for which the same great author had called her ten years earlier, in 1957: a prostitute crossing a bridge in Livorno shrouded in fog and reconstructed with ghostly charm at Cinecittà, in a heartfelt contemporary version of the existential bewilderment of Dostoevsky’s White Nights. But, says Piero, Luchino loved you.
The actress is Clara Calamai, who was a beautiful erotic dream, with almond-shaped eyes and a slender, vibrant body, one of the great Italian divas of the 1940s, who made her mark with her often haughty figure, more French than Mediterranean, and who remained etched in the collective imagination more than other divas of her age for the courage with which, in 1942, in the historical drama directed by Alessandro Blasetti, La cena delle beffe (The Feast of Fools), she appeared topless for a few seconds after Amedeo Nazzari had torn off her corset with jealous contempt. And then because, a year later, with even more courage, she renounced the sumptuous clothes, makeup, and glamour of courtesans, noblewomen, and upper-middle-class ladies to immerse herself in the sloppy sensuality of a frustrated shopkeeper from the lower Po Valley, wearing slippers and a black petticoat, with a cumbersome but wealthy husband, a disturbing and unusual figure, as was the whole film: Obsession, or The Postman Always Rings Twice by James Cain in disguise (all American products were strictly banned at the time in autarchic Italy), with which Luchino Visconti, making his directorial debut with an apparent erotic thriller, inaugurated neorealism. Giovanna’s image marked an era, even though the real object of desire, the erotic driving force behind the film, was not her, but her co-star Massimo Girotti, a down-and-out vagabond in a vest and hat, who had truly fallen in love with Clara, who in turn loved Luchino, who shamelessly loved Massimo.
Faces, names, friendships and affections, masterpieces, titles, images and atmospheres that are too often and increasingly forgotten, but which have shaped our contemporary culture and are worth rediscovering and renewing, perhaps with the elegant ease and affectionate participation with which Maurizio Zaccaro (who, in addition to being a director, is also a sensitive writer) recounts historical reality through fictionalized narration.
Bellissima dea begins in 1991, jumps forward to the summer of 1929, and then continues its back-and-forth between the Tuscan girl who left for Rome and became a big star, the diva whose photo all the men leaving for war wanted, the woman in love who then got married, moved away from the cinema, and the lady who perhaps regretted it afterwards. Clara Calamai has often been seen as a sort of Italian Greta Garbo, the diva who retired and hid from her admirers in Milan, Ansedonia, and Rimini. Perhaps that was the case, but perhaps (at least this seems to transpire from Zaccaro’s pages) it was above all a desire for home and affection, stability and family that made her leave her work; and then, above all, came the distraction of life going on, fashions coming and going, cinema changing. Unlike two of her contemporary Italian stars, Alida Valli (younger) and Anna Magnani (the same age), Calamai did not continue to work in the 1950s, except sporadically, in small parts and cameos, and she certainly did not take advantage of the Hollywood glamour enjoyed by Valli and Magnani (with whom she ‘stole’ parts, respectively in Ossessione and Roma città aperta). It took the good memory of a young, very cinephile author to rediscover her in the mid-1970s with a memorable role: Dario Argento and Deep Red, a seminal thriller in Italian cinema history, in which her nature as an actress plays a fundamental role.
Bringing her back today, with all her authentic humanity, her uninhibited physicality (when she lived in Ansedonia, she would wear a bikini at the beach when it was still uncommon in Italy), her great passion for acting, and her ability to understand and carry out the sometimes unusual orders of directors who were trying, at the time, to give our cinema a new look, also serves to fill gaps, not only in our unfortunately increasingly faint cinematic memory, but also in our understanding of the female figure in general, in the dynamics of culture, family, and work in our country, made up of unfulfilled and often conflicting desires, which were obviously much more prevalent then than they are today, but which have not been completely resolved even today. Zaccaro deals with these issues with modesty, while respecting the ‘privacy’ of the character (whom he reinvents without exploiting or cannibalizing her), the true History (with a capital H) that surrounds her (especially that of cinema) and the female contradictions he finds himself describing, being a man; again with respect, without judgmental tendencies, without accommodating paternalism.
Bellissima dea strikes a delicate balance, reading like a novel, the novel of a woman who probably always chose with her heart, and then regretted it with that same heart. Or perhaps not, perhaps she didn’t regret it, but perhaps she continued to wonder, as we all do, what would have happened if she had taken a different path. But then perhaps she wouldn’t have been Clara Calamai.


“Una delle attrici più ammirate del cinema dei telefoni bianchi: una popolarità raggiunta grazie ad una recitazione misurata e grazie ad un fascino misterioso e conturbante. Altera, distaccata, a volte un po’ gelida, Clara Calamai, impersonando con classe e voluttà cortigiane e amanti, ottiene una popolarità enorme, amatissima dal pubblico maschile per cui rappresenta l’ideale della vera donna fatale.”
Dizionario del cinema italiano
“One of the most admired actresses of the cinema of the white telephones: a popularity achieved thanks to her measured acting and her mysterious and provocative charm. Haughty, aloof, sometimes a little cold, Clara Calamai, playing courtesans and lovers with class and voluptuousness, achieved enormous popularity, beloved by male audiences for whom she represented the ideal of the true femme fatale.”
Dictionary of Italian cinema




POSTFAZIONE A “BELLISSIMA DEA – Storia di Clara Calamai”
di Maurizio Zaccaro
Nonostante i ripetuti dinieghi, alla fine il critico cinematografico Francesco Savio (pseudonimo di Francesco Pavolini) riuscì ad incontrare Clara Calamai nel 1974 per un’intervista sul cinema degli anni ’30. “Una domanda preliminare che può essere anche l’ultima: perché lei ha concesso questa intervista con tanta difficoltà, perché lei è così restia a parlare della sua attività cinematografica?” le chiese il giornalista. La Calamai, candida come un giglio, gli rispose: “Io non è che sia restia a parlare della mia attività cinematografica ma siccome ormai sono fuori dall’ambiente da tanto di quel tempo penso che proprio sia inutile, ormai non sono più niente… “
Da questo scambio di battute è nata l’idea di “Bellissima Dea”: raccontare non solo la grande diva degli anni trenta/quaranta ma soprattutto la donna che, al massimo splendore della sua carriera, decise da un momento all’altro di scomparire per sempre dalle scene: la Calamai come Norma Desmond interpretata da Gloria Swanson nel film “Viale del tramonto” ( “Sunset Boulevard”, 1950) di Billy Wilder. Non è un accostamento impossibile, anzi. Come nel pluripremiato film americano dove Norma Desmond è un’attrice dell’ex cinema muto che si ritira a vivere in solitudine, anche Clara Calamai è una stella dell’ex cinema dei “telefoni bianchi“, filone nostrano che si spegne in coincidenza con la fine della seconda guerra mondiale.
Per scrivere questa storia ho preferito la strada della biografia romanzata affinché il risultato finale, pur mantenendo intatto rigore storico e oggettività documentata, assomigliasse più ad una sceneggiatura dove le licenze narrative e il coinvolgimento emotivo dei personaggi con i loro stati d’animo, pensieri e dialoghi sono al servizio di una drammaturgia dinamica, più visiva che letteraria. Così facendo mi sono trovato a dare spazio alla psicologia e alle motivazioni interiori dei personaggi, immaginandoli dove le fonti non arrivano.
“Non sono mai stata un’attrice, alle prove recitavo come un bambino di cinque anni. Ma quando si girava sul serio non ero più io: ero il personaggio. Al tempo stesso però non ho mai interpretato un personaggio che mi assomigliasse. Da questo punto di vista ero un’impulsiva e un’ingenua…” dice di se stessa Clara Calamai, eppure in tutti i film da lei interpretati questa ingenuità non si vede. E nemmeno l’impulsività. La recitazione di Clara è sempre calibrata, molto naturale e credibile, anche se i ruoli sono spesso quelli dell’amante, dell’adultera o della “femme fatale”.
Ci sono voluti più di due anni per completare questo libro ma devo dire che sono stati ben spesi, alternando la scrittura alla ricerca delle fonti, alla visione dei suoi innumerevoli film, almeno quelli che ancora si trovano (altri purtroppo sono considerati perduti come “L’adultera” – 1946 – di Duilio Coletti ,“Pietro Micca” – 1938 – di Aldo Vergano, o difficilmente reperibili come “Amanti senza amore” – 1948 – di Gianni Franciolini) e soprattutto agli incontri con chi Clara Calamai l’ha conosciuta e frequentata sia per motivi familiari, come il nipote Marino Bonizzato, o professionali come il costumista Aldo Buti.
Ora che questa straordinaria macchina del tempo si è fermata e il lavoro è compiuto posso dire che Clara mi mancherà parecchio. Restano queste pagine, è vero, resta la sua voce sottile nella mia memoria, resta il suo sguardo “orientale”, la sua eleganza “francese” e infine restano le sue parole, a volte allegre, altre velate da una malinconia insanabile: “L’ho sempre presa sbagliata questa vita mia. Ho sempre pensato che non si può essere felici, con il padre e la madre che devono morire, con tutti questi animali che devono essere uccisi, con tutto questo dolore che si vede nel mondo.”
ottobre 2025

AFTERWORD TO “BEAUTIFUL GODDESS – The Story of Clara Calamai”
by Maurizio Zaccaro
Despite repeated refusals, film critic Francesco Savio (pseudonym of Francesco Pavolini) finally managed to meet Clara Calamai in 1974 for an interview about cinema in the 1930s. “A preliminary question, which may also be the last: why did you agree to this interview with such difficulty, why are you so reluctant to talk about your film career?” asked the journalist. Calamai, as candid as a lily, replied: “It’s not that I’m reluctant to talk about my film career, but since I’ve been out of the business for so long, I think it’s pointless. I’m nothing now… “
This exchange gave rise to the idea for “Bellissima Dea” (Beautiful Goddess): to tell the story not only of the great diva of the 1930s and 1940s, but above all of the woman who, at the height of her career, decided from one moment to the next to disappear from the scene forever: Calamai as Norma Desmond, played by Gloria Swanson in the film “Sunset Boulevard” (1950) by Billy Wilder. It is not an impossible comparison, quite the contrary. As in the award-winning American film, where Norma Desmond is a former silent film actress who retires to live in solitude, Clara Calamai is also a star of the former “white telephone” cinema, an Italian genre that died out at the end of World War II.
To write this story, I chose the path of fictionalized biography so that the final result, while maintaining historical accuracy and documented objectivity, would resemble more of a screenplay where narrative license and the emotional involvement of the characters with their moods, thoughts, and dialogues are at the service of a dynamic dramaturgy that is more visual than literary. In doing so, I found myself giving space to the psychology and inner motivations of the characters, imagining them where the sources do not reach.
“I was never an actress; at rehearsals, I acted like a five-year-old child. But when it came to filming, I was no longer myself: I was the character. At the same time, however, I never played a character who resembled me. From this point of view, I was impulsive and naive…“ says Clara Calamai of herself, yet in all the films she starred in, this naivety is not apparent. Nor is her impulsiveness. Clara’s acting is always measured, very natural and credible, even though the roles are often those of the lover, the adulteress, or the “femme fatale”.
It took more than two years to complete this book, but I must say that it was time well spent, alternating between writing and researching sources, watching her countless films, at least those that can still be found (others are unfortunately considered lost, such as Duilio Coletti’s L’adultera (The Adulteress) – 1946 – and Pietro Micca – 1938 – by Aldo Vergano, or difficult to find as “Amanti senza amore” (Lovers without love) – 1948 – by Gianni Franciolini) and above all to meetings with those who knew Clara Calamai and frequented her, either for family reasons, such as her nephew Marino Bonizzato, or professional reasons, such as costume designer Aldo Buti.
Now that this extraordinary time machine has stopped and the work is done, I can say that I will miss Clara very much. These pages remain, it is true, her subtle voice remains in my memory, her “Oriental” gaze remains, her “French” elegance remains, and finally her words remain, sometimes cheerful, sometimes veiled by an incurable melancholy: “I have always taken my life the wrong way. I have always thought that one cannot be happy, with one’s father and mother who must die, with all these animals that must be killed, with all this pain that one sees in the world.
October 2025
























Nella foto scattata nell’autunno del 1949 al Tennis Club: Maner Lualdi,Laura Adani con il marito Visconti di Modrone, e a destra il Conte Leonardo Bonzi con la moglie Clara Calamai.

Il Conte Leonardo Bonzi, marito di Clara Calamai

«Il cinema è stato il mio unico grande amante ovvio quindi che desidererei tornare a recitare. Soltanto che fra western e 007 credo che per una attrice come me non vi siano ruoli adatti. Eppure sono convinta che se era moderno il personaggio di Ossessione potrebbe esserlo anche quello di un’ Ossessione degli anni 60…” Clara Calamai per il quotidiano L’Avanti, 1966.
“Cinema has been my only great love, so obviously I would like to return to acting. However, between westerns and 007, I don’t think there are any suitable roles for an actress like me. Yet I am convinced that if the character in Ossessione was modern, so could be the character in an Ossessione set in the 1960s…” Clara Calamai for the newspaper L’Avanti, 1966
“La mia carriera è stata un lungo viaggio, spesso difficile, ma sempre vissuto con grande passione.”
Clara Calamai

Maurizio Zaccaro “Bellissima dea. La storia di Clara Calamai”, Vallecchi
Dal successo travolgente di Ossessione all’ombra del silenzio: la parabola di un mito.

Clara Calamai è stata il primo scandalo del cinema italiano. Bellissima, sensuale, altera come una diva francese, nel 1942 osò ciò che nessuna attrice aveva mai fatto prima: apparire a seno nudo ne La cena delle beffe, scatenando lo scandalo e la fascinazione di un intero Paese sotto dittatura. Un anno dopo, con Ossessione di Luchino Visconti, rinunciò agli abiti eleganti e al trucco, prestando il volto e il corpo a Giovanna, la bottegaia frustrata che inaugurò il neorealismo. Da quel momento divenne il simbolo di una generazione: l’immagine che i soldati italiani portavano al fronte nel portafogli, la donna proibita che incarnava il desiderio e il peccato. Ma Clara Calamai non fu solo la diva conturbante degli anni Quaranta. Fu anche una donna inquieta, fragile, piena di passioni e paure, che scelse a un certo punto di abbandonare le luci del set per inseguire affetti e normalità. Un ritiro improvviso che la rese ancora più leggendaria, come una Greta Garbo italiana. Poi, quando sembrava ormai dimenticata, la chiamata inattesa: Dario Argento la volle in Profondo rosso, restituendole una nuova, inquietante immortalità. Bellissima dea è il romanzo di una diva che bruciò di scandalo e desiderio, e che pagò con il silenzio e l’ombra il prezzo della sua unicità.
Scrive l’Autore nella Postfazione:
Ci sono voluti più di due anni per completare questo libro ma devo dire che sono stati ben spesi, alternando la scrittura alla ricerca delle fonti, alla visione dei suoi innumerevoli film, almeno quelli che ancora si trovano (altri purtroppo sono considerati perduti come “L’adultera” – 1946 – di Duilio Coletti , “Pietro Micca” – 1938 – di Aldo Vergano, o difficilmente reperibili come “Amanti senza amore” – 1948 – di Gianni Franciolini) e soprattutto agli incontri con chi Clara Calamai l’ha conosciuta e frequentata per motivi familiari o professionali. Ora che questa straordinaria macchina del tempo si è fermata e il lavoro è compiuto posso dire che Clara mi mancherà parecchio. Restano queste pagine, è vero, resta la sua voce sottile nella mia memoria, il suo sguardo “orientale”, la sua eleganza “francese” e infine restano le sue parole, a volte allegre, altre velate da una malinconia insanabile: “L’ho sempre presa sbagliata questa vita mia. Ho sempre pensato che non si può essere felici, con il padre e la madre che devono morire, con tutti questi animali che devono essere uccisi, con tutto questo dolore che si vede nel mondo.”
Maurizio Zaccaro è regista e sceneggiatore. Fra i suoi film ricordiamo Dove comincia la notte (1991), David di Donatello come miglior regista esordiente, L’Articolo 2 (1993), premio Solinas per la sceneggiatura, Il carniere e Un uomo perbene, Nour (2019). Dal 2000 a oggi ha diretto inoltre numerosi documentari, sceneggiati e film per RaiUno e Mediaset, fra i quali Fernanda. Ha pubblicato Bleu (Maggioli, 2017), La scelta. L’amicizia, il cinema, gli anni con Ermanno Olmi (Vallecchi, 2020) e Sotto il sole. Racconti di uomini animali e ombre (Vallecchi, 2022).


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Regista e sceneggiatore italiano.
Italian film director and screenplayer.